SBQ Magazine
4 - 2011
L'USO "IMPROPRIO" DELLE STAMINALI
Cellule staminali
Una recente lettera aperta del dottor Stagnaro mette in guardia scienziati ed opinione pubblica sull'uso improprio delle cellule staminali a scopo terapeutico.
In questi ultimi tempi si parla spesso dei recenti risultati della ricerca sulle cellule staminali e delle sue innovative applicazioni terapeutiche, al punto che non è più un argomento di stretta pertinenza medico-scientifica, ma è diventato giocoforza una conoscenza di interesse pubblico, dato che riguarda la salute di ognuno di noi. Per capirne un po’ di più abbiamo intervistato il dott. Sergio Stagnaro, che in una sua recente lettera aperta mette in guardia gli scienziati e l’opinione pubblica sull’uso improprio delle staminali.
Dott. Stagnaro, che cosa sono le cellule staminali?
Notoriamente, le cellule staminali o cellule di ricambio (in inglese, “spare cells"), sono cellule che, da un lato, hanno la capacità di riprodursi per lungo tempo senza differenziarsi, cioè senza trasformarsi in cellule specializzate, ma, d’altra parte, sotto certe condizioni, esse possono evolvere nella direzione di linee cellulari altamente differenziate, diventando cellule nervose, muscolari, cardiache, eccetera. Queste cellule specializzate, come riferiscono i mass-media, possono essere usate nel trattamento di particolari malattie insorte sulla base di malformazioni genetiche, dal momento che si possono coltivare artificialmente ed il loro codice può essere riprogrammato benché, a mio parere, ciò avvenga secondo un errato presupposto, che spiegherò tra poco. Se tutto ciò che si afferma corrispondesse a verità, le cellule staminali, introdotte nell’organismo, dovrebbero essere sempre in grado di sostituire efficacemente le cellule malate: un primo passo verso l’immortalità! Tra le molte patologie che si pensa di poter curare c’è, ad esempio, il diabete mellito tipo2.
Perché parla di errato presupposto?
Procediamo con ordine. Accanto alle cellule staminali del cordone ombelicale e a quelle embrionali (cellule totipotenti), ci sono le cellule staminali adulte (unipotenti), con sede nel midollo osseo, cervello, sangue, cuore, eccetera, note ai medici da oltre trent’anni.
Il punto centrale del problema concernente la produzione di staminali dovrebbe essere necessariamente quello di produrre embrioni mediante le tecniche di clonazione oggi disponibili, oppure di utilizzare embrioni extra, non-utilizzati, derivanti da inseminazione artificiale. Simili embrioni dovrebbero crescere fino allo stadio di blastocisti, cioè per circa un paio di settimane di vita, e infine le cellule staminali potrebbero essere isolate dalla massa cellulare interna. Questo chiaramente significa distruggere l’embrione e comporta problemi seri di natura differente, come ad esempio quelli etici di difficile soluzione, com’è ben noto, ma che, secondo il mio personale parere, dovrebbero essere affrontati dopo che altri siano stati sottoposti ad una attenta considerazione e risolti. Sono problemi apparentemente trascurati da tutti gli scienziati, ma che a mio parere rappresentano l’ “Anfangspunkt” di una seria discussione sulle cellule staminali.
A quali altri problemi, oltre a quelli etici, si riferisce?
Posto il problema etico per il momento tra parentesi, mi riferisco in modo particolare alle questioni che si possono sollevare grazie alla cinquantennale produzione scientifica della semeiotica biofisica quantistica. Per quanti ancora non la conoscano, o ne abbiano vaghe conoscenze, ne riprendo brevemente alcuni punti essenziali. Dopo aver personalmente scoperto e descritto le varie costituzioni semeiotico-biofisiche, incluso il Terreno Oncologico (vedi Manuel Story), che vengono trasmesse alla prole dalla madre attraverso una ben definita citopatia mitocondriale che ho chiamato ICAEM, vorrei - se le mie considerazioni sono corrette - che venissero prima di tutto studiate accuratamente da questo preciso punto di vista le "madri" che forniscono (in un modo o nell'altro) le staminali o gli individui da cui si prelevano le staminali. Eviteremmo in tal modo, con un non dispendioso metodo clinico, di provocare danni irreparabili, ma perfettamente prevedibili ed evitabili.
Coloro i quali forniscono le cellule staminali sono soggetti clinicamente sani: perché dice che occorre studiarli accuratamente? Può chiarire meglio quest’ ultimo punto?
Complimenti. Lei ha posto la domanda in maniera estremamente corretta: i donatori sono soggetti clinicamente sani. Ciò che la maggior parte delle persone ancora non sa, medici, scienziati e non, è il fatto che un soggetto clinicamente sano, potrebbe comunque essere a rischio di qualche grave patologia, come il cancro, le cardiopatie, il diabete, in caso fosse positivo per le corrispondenti costituzioni di cui ho appena accennato.
Vuole forse dire che le cellule dei donatori non sono completamente sane?
Sono cellule sane, ma che potrebbero ammalarsi ad esempio di cancro, se il donatore avesse il Terreno Oncologico con reale rischio di cancro. Lei capisce dunque che, non soltanto il soggetto donatore potrebbe un giorno risvegliarsi con un tumore ai polmoni o al fegato se non intraprendesse una opportuna terapia preventiva, ma potrebbe in ugual modo trasferire la sua citopatia mitocondriale ad ognuno che riceva le sue staminali, perpetuando così il rischio ed aumentando a dismisura i casi di tumore oppure di osteoporosi, com’è oggi riferito già in Letteratura.
Sembra quasi che il cancro, pur non essendo una malattia virale, mediante l’uso attuale delle staminali diventi pericolosamente contagioso..
Attenzione, non stiamo parlando di cellule cancerogene, ma di cellule ancora sane, che possono però diventare “asociali”, cioè potenzialmente cancerogene anche in individui che non hanno il Terreno Oncologico, e che o riprogrammeranno oppure distruggeranno queste cellule, mentre le cellule di coloro che sono a rischio di cancro, se da sane si trasformano in cancerogene, possono esitare nella oncogenesi; su questi soggetti che occorre porre attenzione.
Vedo un po’ di amarezza e tristezza in Lei mentre sta dandoci queste interessanti informazioni..
Io penso che ostacolare ricerche come quella sul Terreno Oncologico, sia prima ancora che la desolante espressione di un oscurantismo scientifico, un vero e proprio atto criminale: anche di tumore oggi si continua a morire. Esiste ormai una vastissima letteratura a dimostrazione dell’esistenza di cellule staminali adulte in qualsiasi sistema biologico, pronte per essere coltivate ed utilizzate, verosimilmente chiara indicazione della natura dell’esistenza di nuove possibilità terapeutiche.
Ci può fornire qualche esempio?
Un solo esempio, le staminali nel pancreas. Nel pancreas umano esistono cellule staminali progenitrici di cellule endocrine (beta-cellule delle isole di Langherans) che possono essere trasformate in cellule produttrici di insulina. In poche parole, sia il diabete mellito di tipo 1 sia quello di tipo 2 , che rappresenta non meno del 95% di tutti i casi, sono caratterizzati da una perdita, o da una disfunzione, delle cellule che producono insulina. Queste ultime, le cellule beta, costituiscono meno del 2 per cento del tessuto pancreatico.
In questo caso, le staminali sono quindi di aiuto..
Certamente. Dei ricercatori hanno sviluppato raffinate tecniche di purificazione cellulare e le hanno utilizzate per coltivare cellule pancreatiche non endocrine, o NEPECS, che normalmente non sono in grado di produrre insulina. Queste cellule sono state contrassegnate con marcatori genici e sono state mescolate con cellule pancreatiche in via di sviluppo, note per essere una ricca fonte di cellule progenitrici endocrine. Al tutto è stato poi aggiunto un fattore di crescita che determina lo sviluppo delle cellule progenitrici in cellule beta. Infine, le cellule sono poi state trapiantate nei topi. Dopo tre mesi, l’esame dei tessuti ha rivelato che le NEPECS marcate avevano incluso cellule beta produttrici di insulina. Si dicono cellule staminali adulte o unipotenti quelle che sono capaci di “riparare” solo ed esclusivamente il tessuto di appartenenza.
Che significato ha questo esperimento?
Fred Levine ha spiegato che “L’ipotesi iniziale era che i fattori induttivi nelle cellule pancreatiche in via di sviluppo potessero agire sulle cellule pancreatiche adulte, e questo è risultato vero”. “Abbiamo mostrato, nel modo più rigoroso possibile, che esistono cellule progenitrici delle cellule che producono insulina nel pancreas umano adulto. La nostra capacità di trasformarle poi in cellule che producono insulina amplia fortemente la possibilità di sviluppare terapie rigenerative per il trattamento del diabete”. (Le Scienze, 22/02/2006).
A meno che queste cellule, seppure clinicamente sane, non siano a rischio di qualche malattia…
Perfettamente. Le cito una notizia di poche settimane or sono, riferita dai mass-media. Seguendo il comportamento dei ricchi americani, le cellule staminali del cordone ombelicale dell’Infanta Leonor di Borbone, nipote di Juan Carlos e probabile erede al trono di Spagna, sono state inviate negli USA per essere congelate ed eventualmente utilizzate in caso di malattia della stessa, entro 18 anni. Purtroppo viviamo ancora nell’Era dei Lumi “spenti”. E’ evidente, da quanto spiegato poco sopra, che nel caso in cui le cellule dell’Infanta seppure clinicamente sane fossero a reale rischio di qualche patologia, a ben poco servirebbero alla stessa in futuro se usate terapeuticamente come staminali. Ovviamente, se lei si ammalasse in futuro, di conseguenza le sue cellule staminali non sarebbero idonee a scopi terapeutici.
Cosa c’è che non funziona secondo lei?
In realtà, alla base sia della clonazione sia dell’impiego delle cellule staminali, congelate per essere utilizzate eventualmente dopo anni, esistono gli identici bias, ignorati purtroppo dai medici congelatori, dai ricercatori, dalle Autorità Sanitarie competenti di tutto il mondo.
L’utilizzo attuale delle cellule staminali, del cordone ombelicale o di altra provenienza, è in contraddizione palese con i principi della termodinamica: se esse appartengono allo stesso individuo malato, sono, infatti, cellule progenitrici di cellule “malate”, perché affette dalla singolare citopatia mitocondriale da me descritta. Per esempio, cellule beta-pancreatiche, risultate poi essere "diabetiche", cioè con ingravescente incapacità di produrre "e" secernere insulina, avrebbero dimostrato di poter dare origine a cellule dello stesso tipo, nel nostro esempio, cellule beta-pancreatiche, ma "perfettamente" funzionanti nel senso che producono e secernono insulina fisiologicamente!
L’alterazione genetica mitocondriale gioca un ruolo chiave..
Esattamente. In realtà infatti, le cellule progenitrici delle cellule beta-pancreatiche "diabetiche" sono dotate di mitocondri funzionalmente alterati geneticamente (cellule ICAEM-alfa-positive: vedi Bibliografia) così che la loro “prole” mostrerà inevitabilmente uno stesso difettoso corredo mitocondriale. Nel nostro specifico esempio questa è la conditio sine qua non del diabete, che dopo anni e decenni manifesterà la sua tipica fenomenologia clinica.
Le cellule staminali sono dunque il futuro della terapia oppure no?
Certamente lo sono, a patto che queste cellule siano preventivamente studiate anche dal punto di vista mitocondriale. Non lo dico soltanto io, dato che ci sono recentissime pubblicazioni che mettono in guardia sull’uso “improprio” delle staminali.
A mio parere, il primo passo da compiere nello studio delle cellule staminali è quello di approfondire la conoscenza esatta delle varie costituzioni semeiotico-biofisiche, dipendenti da alterazioni mitocondriali funzionali, ereditate per via materna, presenti nel donatore di queste cellule. Se noi continuassimo a trascurare questi progressi scientifici, in verità noti agli autori di tutto il mondo, non dovremmo poi stupirci di fronte, per esempio, a casi di osteoporosi nei bambini sottoposti a trattamento con le staminali o di cancro del fegato in chi ha ricevuto in dono queste cellule per altro meravigliose.